I MicroMusei per le strade.

Il nome proposto potrebbe sembrare altisonante: la parola Museo da subito ricorda grosse sale piene di oggetti, molti dei quali rari, altri preziosi o altri ancora tali che anche il solo guardarli sembra richiedere un impegno. Visitare le sale di un museo porta a vivere esperienze a volte distanti tra loro. Si può rimanere affascinati e coinvolti da un’opera d’arte o sentirsi intimoriti da un reperto antico, dispiaciuti dal non riuscire a comprendere in pieno il valore che la guida, la sala, le luci e il silenzio intorno sembrano attribuire a quello che stiamo guardando.

I MicroMusei sono meno impegnativi.
A favore del nome si può dire che suoni bene anche se tecnicamente potrebbe dirsi inesatto: nelle sale dei Musei sono conservati opere originali, reperti storici, testimonianze di eventi ritrovati e poi esposti. Nel nostro caso si tratta solo di rappresentare, con l’aiuto dei mezzi che la tecnica attuale mette a disposizione, personaggi, idee e oggetti riprodotti nel modo consono a quello che si vuole esporre.
Un’ ulteriore giustificazione del nome si potrebbe ritrovare nei Musei delle Cere presenti in diverse città. Anche in quel caso la parola Museo è usata in senso lato: chi visitando le loro sale incontra Napoleone e Einstein non pretende che possano essere veri nel senso usuale che si dà a questa parola.

Il perché di un progetto.

Quando nella prassi comune presentiamo ciò che valorizza le nostre città siamo portati a porre ai primi posti il patrimonio storico, con chiese e monumenti messi a rappresentare il nostro biglietto da visita. Sono cose che abbiamo ricevuto in eredità e valorizzarle e sicuramente un merito ma provare ad aggiungere dell’altro che nasca nel nostro tempo e da nostre scelte potrebbe esserlo ancora di più.

Dei suggerimenti in tale direzione potrebbe provenire da alcune soluzioni trovate in altre città per degli elementi di arredo urbano: si tratta di cose in fondo semplici nella loro realizzazione ma che hanno alle spalle intuizioni e un tentativo di andare oltre l’ordinario: prenderli come metro di misura potrebbe intimorire chi amministra la nostra città ma usarle come riferimento potrebbe aiutare chi deve progettare qualcosa che ancora non c’è

Passeggiare tra i negozi

Il modo migliore per descrivere un nuovo progetto è quello di immaginarlo realizzato.

Passeggiare tra i negozi è un momento piacevole della giornata. Si è liberi di scegliere una strada, passare da una vetrina ad un’altra e di fermarsi a guardare quella che si vuole. I MicroMusei provano ad inserirsi in questo meccanismo, senza competere con abiti e scarpe in un confronto improponibile, ma piuttosto a rappresentare una sorta di momento alternativo: quello che è possibile guardare nelle sue vetrine ha raggiunto il suo scopo non solo se è valido nei contenuti ma se risulta anche interessante nella forma con cui è stato proposto.

Un punto centrale, l’idea intorno a cui ruota l’intero progetto, è quindi quello di riuscire a rappresentare un tema, un personaggio, un evento, in una forma immediata come può esserlo quella di una scena realizzata in una stampa 3D, di una foto o di un’immagine o tramite oggetti che non siano necessariamente solo copie di originali ma anche e soprattutto la loro rielaborazione in chiave esplicativa, fatta attraverso metodologie simili a quelle usate nella preparazione di materiale didattico.

Può essere utile come esempio pensare al modello degli elettroni che girano intorno al nucleo o la molecola del DNA. Le metafore sono efficaci per spiegare argomenti di scienza e usarle non sottrae nulla alla complessità dei fenomeni che provano a descrivere. I risultati ottenuti con delle rappresentazioni posso essere visti come dei ponti che rendono in parte comprensibili argomenti in genere complessi.

Questo rimane vero anche per quelli non legati alla scienza. Poter per qualche minuto guardare come se fossimo presenti un momento clou di un romanzo o di una poesia non può certo sostituirsi al leggerli ma in qualche modo contribuisce al renderli meno lontani. Per chi ha letto Il ritratto di Dorian Gray o anche per chi ne ha solo sentito parlare, la scena del giovane Dorian che guarda il proprio ritratto che invecchia troverà facilmente un posto nella memoria.  Lo stesso succederà, e forse anche in modo più intenso, guardando quella in cui la madre di Giovanni Pascoli abbraccia la cavalla parlando al suo orecchio.
Che occasioni come queste possano rivelarsi come spinta per conoscere un autore o anche solo la conferma di un interesse, che porti ad interessarsi di Oscar Wilde o a rileggere la Cavallina Storna o semplicemente ad accorgersi di loro va comunque bene.

In sintesi guardare cosa è proposto nelle vetrine dei MicroMusei non sostituisce e non potrebbe farlo, la lettura di un libro o la visita ad un Museo ma rimane un’occasione di conoscenza. Si tratta solo di allargare la proposta culturale rendendola appetibile ad un pubblico più ampio, rinunciando necessariamente al rigore ma allargano la platea, incontrando le persone nei posti frequentati anche da coloro che per scelta o per abitudine sono poco inclini a certi interessi. Portare contenuti tra le persone augurandosi che le persone continuino a ricercarli.

Che questo sia un modo familiare a molti lo si vede anche dal fatto che il web lo incarna facendo propria la velocità e l’esemplificazione. Una pagina web è tanto più efficace quanto più riesce a racchiudere informazioni e ancor più se queste informazioni risultano rapidamente fruibili.

Il rapporto con la scuola

La scuola è un ambito in cui normalmente si incontrano molti dei temi trattati nei MicroMusei. Non è quindi azzardato supporre che potrebbero facilmente crearsi occasioni di scambio con insegnanti e studenti proprio nell’identificazione di cosa o chi rappresenti al meglio un evento storico, di attualità, una svolta del progresso scientifico, di quello artistico e in generale quelli relativi al progresso in ogni sua forma.

Queste potrebbero, nel rispetto dei tempi e dei programmi scolastici, trasformarsi in occasioni di confronto interno e di discussione sul come si possa descrivere, semplificando senza per questo sminuire, un evento significativo.
Un compito non sempre facile.
Mostrare l’essenziale (…sempre invisibile agli occhi…) di quello che sta esaminando potrebbe avere una sorta di riconoscimento dal fatto che il lavoro di gruppo di insegnanti e studenti non rimarrebbe confinato all’interno dell’ambito scolastico ma mostrato, dopo la conclusione del lavoro, a tutta la città.

La scelta degli argomenti è vasta, non necessariamente legata ad eventi usuali. Una mostra dedicata alla Computer Art gestita dal liceo artistico è egualmente interessante di quella approfondita al liceo musicale sulla Canzone Napoletana Classica.
Tutto sta nell’individuare i modi con cui argomenti anche conosciuti possono essere resi nuovi e interessanti mostrando aspetti tali da rimanere nella memoria sia di chi già li conosce ma anche di chi, pur non avendoli mai cercati, li incontra per la prima volta tra gli espositori dei MicroMusei.

La scuola potrebbe essere coinvolta anche nella veste di fruitrice del progetto. Immaginiamo delle scolaresche, di Aversa come di altri paesi, in visita ai MicroMusei. Le potremmo ritrovare mentre passeggiano tra vetrine ed espositori, con le insegnanti che approfittano delle bacheche per incuriosire e stimolare gli alunni  unendo i propri commenti a quelli provenienti dal web,  (si tratterebbe di una delle rare occasioni in cui un insegnante invita gli alunni a munirsi di cellulari e cuffiette…) ferme ad un bar per la colazione o anche mentre stanno acquistando materiali, utili al loro studio o solo come ricordo della visita.

Parliamo di materiale prodotto ad Aversa, stampato ad Aversa da una tipografia di Aversa, pensato per essere venduto ad un prezzo adeguato, nelle nostre e ad altre scuole, interessante anche per coloro che non hanno tempo per approfondire un argomento ma a cui non dispiace saperne qualche cosa in più.

Nessun progetto di quelli che muovono grosse cifre e grossi interessi, ma uno di quelle cose che contribuiscono a fare la differenza, che abituano i nostri giovani a pensarsi parte di una realtà che guarda in avanti, artefici e non solo consumatori, incentivati nel valorizzare e potenziare le proprie energie nella direzione adatta ai nostri tempi, immaginando di poter produrre droni intelligenti e auto senza pilota e non solo ad aprire bar e pizzerie.

Promozioni esterne

Pensiamo ad un’Ultima Cena realizzata in grandezza tale da poter essere posta in una vetrina ed essere guardata girandole intorno, soffermandosi sui particolari della tavola apparecchiata e delle espressioni degli apostoli. Se una stalla e dei pastori inducono sensazioni che negli anni rimangono intense, poter sentirsi partecipi di uno dei momenti della vita di Gesù tra i più forti ed evocativi non dovrebbe essere da meno. Una realizzazione in resina non sarà paragonabile al Cenacolo di Leonardo ma sarebbe comunque interessante e piacevole agli occhi di credenti e no.  

Non si tratta di grosse cifre e penso sia legittimo supporre che la Chiesa potrebbe essere disponibile a finanziarne la realizzazione. Per gli stessi motivi una banca potrebbe finanziare una rappresentazione di un tema attinente al proprio ruolo, (anche se mi riesce difficile immaginare come si possa rappresentare il credito o l’economia di mercato) o qualcuno dei pensatori che hanno dato impulsi al suo sviluppo (l’esempio più naturale potrebbe essere Adam Smith seduto alla scrivania che scrive La ricchezza delle nazioni, ma anche l’abate Antonio Genovesi,  campano e prima cattedra al mondo in economia, rappresentato mentre scrive le sue lezioni, andrebbe bene. E forse anche meglio.)

All’elenco si possono aggiungere società, enti, associazioni, ovvero tutti coloro che in modi diversi potrebbero decidere di contribuire, attraverso contenuti vicini ai loro interessi, al collettivo tributo che Aversa potrebbe, con i MicroMusei, dare alla Cultura.

Il rapporto con l'economia.

Un ‘aspetto poco considerato è la relazione tra cultura ed economia

Molti indicatori mostrano che questa relazione esiste ed è possibile misurarla.

Lo studio, riportato nei Quaderni di Symbola 2020, esplica, in prima analisi, tale rapporto attraverso il numero 1,8: In altri termini dai dati emerge che per ogni euro investito in attività culturali se ne attivano in modo diretto altri 1,8.  Potrebbe non sembrare un valore particolarmente alto ma è un dato reale e di fatto cancella il dubbio che parlare di cultura significhi sempre e comunque lavorare in perdita.

Il passo successivo in questa ricerca è accorgersi che tale risultato, per quanto significativo non è, ai fini del discorso, quello determinante.

L’aspetto di gran lunga più importante, evidenziato in uno dei successivi rapporti sull’argomento, sono le conseguenze che la cultura, intesa in tutti i suoi aspetti, ha su tutta la catena produttiva. È un fatto vero in generale ma che per l’Italia assume un aspetto rilevante È un dato riconosciuto ben oltre i nostri confini il fatto che cultura e bellezza sono nel nostro paese tratti identitari radicati nella società e nell’economia. Nei successivi Quaderni di Symbola 2021, si sottolinea questo, evidenziando come la forte relazione tra il gusto, il senso del bello e la cultura da un lato e la produzione manifatturiera dall’altro, hanno dato vita ad una delle più forti identità produttive del mondo, il made in Italy.

Non si tratta di considerazioni di parte, ma è l’analisi di dati che conferma come sia il patrimonio di gusto storia e conoscenze, in queste loro eccezioni ampie, ad essere uno dei motori della nostra economia.

Considerazioni generali che hanno un legame diretto anche con realtà come la nostra. La mozzarella non diventa più buona con i MicroMusei, né le polacche più saporite e neanche gli abiti venduti nei nostri negozi diventano più belli. Ma, e non è una cosa da poco, tutte queste cose sono indirettamente abbellite da vetrine, espositori e grossi libri e quindi più interessanti nel confronto con altre realtà. E questo nel commercio come nella produzione è un vantaggio. Se passo per Aversa per comprare un abito e se ad Aversa si associa qualcosa che la distingue da altri paesi, questo dettaglio aggiunge valore agli abiti, ai formaggi e ai vini.

Lo studio prosegue osservando che nelle line guida del Nuovo Bauhaus si ritrovi e venga proposta questa forte relazione. L’iniziativa presentata dalla Commissione Europea nasce proprio per rinsaldare i legami tra il mondo della cultura e della creatività e i mondi della produzione, della scienza e della tecnologia.

Nessun vincolo.

I MicroMusei sono a tema libero, non legati ad una scelta univoca definitiva di argomenti e contenuti. Possono rinnovarsi, crescere se nasce l’esigenza e la volontà di farlo, si possono modificare i temi trattati, i posti e le strade dove allestire gli espositori, aggiungerne altre vetrine, spostarle, dedicare ad esempio l’angolo in Via xxx ad un musicista, Piazzetta zzz ad un poeta, oppure, in occasione di un evento – l’Italia che vince i mondiali del 2026 dopo essere riuscita per una fortunata combinazione astrale, addirittura a qualificarsi… – dedicare una parte di Via yyy al calcio.  

Quello che caratterizza i temi esposti è la modalità espressiva con cui vengono proposti, i punti di vista che si sceglie di evidenziare. Non avrebbe senso presentare, per quanto possa essere originale e meritevole di attenzione, uno studio accademico sul Manzoni. Più appropriato, in sintonia con le proposte dei MicroMusei, sarebbe il provare a rispondere alla domanda: quale possono essere i modi per racchiudere quello che Manzoni rappresenta usando poche parole, poche immagini, rinunciando alla completezza di un saggio relativo allo scrittore ma cercando un approccio capace di interessare il suo lavoro a quante più persone possibile.

Immaginiamo un colloquio con il Manzoni avuto da due aspiranti scrittori, il primo di stampo accademico, preciso, scrupoloso, che pone le domande giuste per poter scrivere un saggio, l’altro di indole giovanile, pur non rinunciando al rigore prova ad evidenziare aspetti del personaggio che possano incuriosire. Il secondo è ovviamente un inviato dei MicroMusei.

Oppure: Alessandro Manzoni avrà avuto degli interessi, conosciuto persone, avrà avuto delle motivazioni per i suoi scritti e per le sue idee. Una possibile proposta potrebbe essere quello di domandarsi quale sarebbe potuto essere l’aspetto della sua pagina personale su Facebook, Twitter o altri social e provare a costruirle, complete di profilo, di link e di foto di parenti e amici, foto create se non reperibili, ad hoc.  

Il risultato potrebbe essere un modo per interessare ragazzi, giovani e meno giovani.

Ripeto: non si tratta di barare realizzando pubblicazioni a basso contenuto informativo, ma piuttosto di un possibile modo per comunicare con personaggi della nostra storia passata o lontana, creando una sorta di ponte attraverso gli anni che ci dividono dal loro tempo augurandosi che questo contribuisca a renderli meno lontani

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L’attrattiva per il calcio è comune tra ragazzi e ragazze e proviene da un mondo che spesso mostra solo la parte più eccitante di sé, fatta di gol memorabili e stipendi stratosferici. Rimangono poche le occasioni di incontrare lo spor nella sua parte più significativa e  meno alla moda. Forse il calcio come altri sport non è proprio qualcosa che istintivamente si associa alla parola Museo ma di certo coinvolge le persone e questo potrebbe essere un buon motivo per rappresentare in delle vetrine gli eventi in cui è prevalso il valore sportivo a discapito della sola ricerca di un primato o una vittoria.

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Preparare del materiale che illustri le ore di studio quotidiano in una scuola di Aversa degli anni 60 o 70: non dovrebbe essere difficile riprodurre penne e matite dell’epoca o ristampare la copertina dei libri di testo usati in quegli anni.

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