Enrico Fermi
In Italia ci sono molti licei scientifici intitolati ad Enrico Fermi.
I motivi di questo numero sono semplici: la statura scientifica di uno dei ragazzi di via Panisperna è un qualcosa di cui una nazione è legittimamente orgogliosa.
Nella scena lo scienziato è seduto al tavolo comandi del ciclotrone dell’Università di Chicago. Lo strumento era all’epoca fondamentale per indagare il mondo degli atomi e permetteva di continuare il tipo di ricerca e sperimentazione che avevano contribuito a creare la tecnologia atomica, la stessa che nel bene e nel male ha caratterizzato parte della nostra storia recente.
Identificarsi nella persona seduta è impegnativo.
Parole come energia nucleare, bomba atomica, sono lontane dall’esperienza comune e dire che il signore seduto aveva provato, riuscendoci, a spezzare in due un nucleo di uranio usando un neutrone come proiettile, somiglia molto al descrivere un gioco.
Forse quest’ultima parola riassume il modo di guardarsi intorno che sembra caratterizzare molti uomini e donne di scienza. Il mondo come un qualcosa da osservare ed amare ma con cui anche poter giocare, al “gioco del perché” e a quello del “cosa succede se…” entrambi coinvolgenti al punto da obbligare Enrico Fermi a non interrompere il proprio lavoro anche dopo aver constatato l’enorme quantità di energia, insita nella materia, che il suo stesso lavoro permetteva di poter gestire.
Delle situazioni estreme, tra conoscenze scientifiche avanzate e decisioni di vita complesse, sovrapposte durante una guerra mondiale, fanno capire come sia difficile forse anche inutile provare a riassumere la vita di un uomo di genio in poche righe. Conoscere le teorie della fisica al punto da meritare un Premio Nobel e nello stesso momento essere un abile sperimentatore capace di realizzare la prima pila atomica rendono lo scienziato italiano una persona rara.
Forse un modo per sentirlo meno lontano è soffermarsi, facendo leva sulle parole di chi l’ha conosciuto, sul suo carattere semplice, cordiale e sulle cose che amava come il ballo e il tennis e proseguire immaginando un giovane autodidatta che inizia i suoi studi di fisica con un libro trovato su una bancarella e li prosegue trovando il tempo per organizzare scherzi goliardici lanciando gatti nelle aule universitarie e lasciando pezzi di sodio a provocare fiamme e scintille nei bagni pubblici.
Il seguito fa parte della storia della fisica.